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Viaggiare con la fantasia

Le luci della Biodola

di Luca Tosi Posted on 20 Giugno 202014 Agosto 2020

Osservare il mare, in certe ore del giorno, soprattutto quelle della sera, regala un senso di particolare serenità. Fermarsi sulla spiaggia e puntare lo sguardo verso l’orizzonte fa capire quanto i problemi dei comuni mortali siano relativi difronte all’ampiezza dell’universo. Guardare la distesa d’acqua che sta davanti, senza venire distratti dai rumori circostanti, può essere utile per trovare un minimo di equilibrio in sé stessi. Serve a dimenticare, per un attimo, l’esistenza di certi problemi, insegnando che, qualche volta, non è necessario crearseli o ingigantirli. Non è un atteggiamento fatalista, né rinunciatario, né vuol dire vivere alla giornata. Significa, anzi, dedicare un minimo del tempo che abbiamo alla riflessione, per non scordare quali siano le priorità del nostro vivere quotidiano. Quantomeno, per riportarle in cima ai nostri pensieri.

Una sorta di ridimensionamento, quindi, per guardare sé stessi da fuori da sé. Non è un esercizio difficile ed è una pratica che, con un minimo di allenamento, si può imparare.

Il viaggiatore immaginario, in un giorno qualunque, ha voluto provare questa esperienza in uno dei luoghi più affascinanti dell’isola d’Elba: la spiaggia della Biodola, raggiungibile in pochi minuti dal centro abitato di Portoferraio attraverso una comoda strada panoramica. Dopo avere fermato la macchina in uno spazio pianeggiante adibito a parcheggio, e dopo essere sceso sulla spiaggia, lasciando alle spalle uno dei residence più esclusivi della zona, si mette a sedere sulla riva a guardare il mare. È voluto tornare in quei posti dopo un’esperienza di qualche anno prima, quando capitò nello stesso luogo con la sua fidanzata, con la quale si sarebbe lasciato poco tempo dopo.

I minuti passano senza che se ne accorga e l’atmosfera è quella che avrebbe desiderato. I rumori sono ovattati; il buio della sera viene riscaldato soltanto dalle luci del promontorio e da quelle di alcuni pescherecci che passano in lontananza, il cui rumore arriva fino alla spiaggia con la cadenza familiare del motore diesel.

Quand’è che la calma rassicurante di quel luogo di mare viene sconvolta dalle urla improvvise provenienti da una villa poco distante. Urla che si sovrappongono al rumore lieve delle onde e che si ricollegano a una voce maschile e a una femminile. Litigio? Senz’altro sì, soprattutto per la veemenza con la quale gli attori sulla scena si offendono a vicenda, accusandosi, di volta in volta, dei presunti torti subiti. Persi i freni inibitori, il tono della discussione assume un crescendo in stile rossiniano, diventando simile a una sorta di gara a chi alza la voce con maggiore intensità. 

Dopo una mezz’ora, più o meno, la lite termina. Le grida cessano e la quiete sembra tornare padrona del promontorio. Fa seguito un portone sbattuto con violenza, l’accensione del motore di un’auto e una violenta sgommata da parte del conducente per andarsene via lontano. Lo spettacolo è finito e le luci della villa si spengono, così come quelle di altre abitazioni vicine. Il viaggiatore immaginario prova a rimettersi a sedere ma alla fine, propende per una passeggiata sul bagnasciuga, rischiarato dalla luna e dalle luci delle abitazioni. La serata è ormai andata e lo spazio da dedicare a sé stessi, a causa di un imprevisto, è finito prima del tempo. Non resta che riprendere l’auto e rientrare a Portoferraio.

Peccato per quanto è successo. I due litiganti hanno la fortuna di vivere in un luogo splendido, sono sicuramente benestanti e, tuttavia, non sono riusciti nemmeno in vacanza a dimenticare, per un attimo, i loro problemi.

Viene da pensare che ogni famiglia porti con sé la sua croce. La considerazione è generale e riguarda anche quelle più agiate per le quali la frequentazione di luoghi così esclusivi diventa quasi abitudinaria. Eppure, il contrasto e la violenza verbale usata nello scontro sottintendono la presenza di un vuoto, che nemmeno la suggestione del posto è stata in grado di riempire.

Forse le luci si sono spente prima del tempo e chissà se saranno riaccese.

Luca Tosi
BiodolaPortoferraio
Luca Tosi
Sono nato ad Arezzo il 26 luglio 1963. Nel 1980 ho iniziato a collaborare con l’emittente radiofonica Radio Onda di Pietramala. Negli anni successivi, dopo altre esperienze radiofoniche, sono diventato collaboratore della Nazione di Firenze, del Tirreno di Livorno e del periodico Arezzo sport. Nell’ottobre 1983 ho avuto l’opportunità di entrare a Teletruria come collaboratore: sono stato telecronista di vari campionati di calcio, redattore di cronaca e sport, e curatore di alcuni programmi culturali dell’emittente, nella quale lavoro ancora oggi. Nell’anno in cui ho deciso di avviare questo blog, con l’aiuto di un caro amico ingegnere, Nicola Impallomeni, compio 57 anni di vita e quaranta di professione. Forse, era giunto il momento di creare qualcosa di personale per raccontare e raccontarsi. Lo studio della lingua italiana, e il gusto per l’ordine, sono stati gli aspetti più importanti della mia formazione letteraria. Se dovessi prediligere un tipo di scrittura nel quale mi ritrovo, e che ho cercato di portare avanti in questi anni, potrei dire la “scrittura ordinata”, schematica, senza per questo essere monotona. Tralascio ogni altro riferimento alla carriera (collaborazioni con la Rai, ricerca all’università di Perugia, progetti di programmi, uffici stampa, attività all’estero) perché diffido un po’ dei curriculum gonfiati. Non sempre sono credibili e non vorrei fare la figura del pallone bucato da uno spillo.
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