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Lo sfogo della Domenica

L’acqua sotto i ponti

di Luca Tosi Posted on 6 Settembre 2020

Il ponte ferroviario in fotografia è quello vicino al piccolo paese di Bagnaia, in provincia di Viterbo. Per le sue caratteristiche architettoniche viene segnalato anche nell’enciclopedia Treccani. Fu costruito tra il 1910 e il 1913 ed è quello sul quale corre la linea ferroviaria Roma-Civita Castellana-Viterbo, superando la strada Ortana che si snoda proprio lì sotto. Si tratta di un viadotto in possesso anche di una certa notorietà cinematografica.

Molti di coloro che leggono queste righe si ricorderanno di avere visto il celebre film Il vigile di Luigi Zampa, con Alberto Sordi e Vittorio De Sica, girato nel 1960. Lo sfaccendato Otello Celletti (Sordi) viene assunto in comune come agente della polizia municipale: durante lo svolgimento delle sue funzioni, viene a scoprire, in modo casuale, una relazione extraconiugale del proprio sindaco (De Sica), col quale poi entra in competizione elettorale. Verrà costretto a rinnegarla per riavere, di nuovo, il suo posto di lavoro in divisa.

Il viadotto di Bagnaia è facilmente riconoscibile in molte scene filmate, in particolare quelle dove un’auto, o una motocicletta, si mettono in moto e percorrono la strada nell’uno o nell’altro senso.

Lo sfogo di questa domenica riguarda quindi lo stato di conservazione delle infrastrutture, una parte delle quali fanno ormai parte integrante del paesaggio tipico italiano.

Una domanda frequente

Ci si domanda per quale motivo una parte di quelle concepite in epoca poco recente, denotino un livello di conservazione migliore rispetto ad altre, costruite, invece, in epoca più moderna. Abbiamo preso come riferimento il viadotto ferroviario di Bagnaia, ma potremmo farne altri, in ogni regione. È possibile che le imprese di costruzioni operanti nelle epoche passate disponessero di strumenti di qualità superiore a quelli di adesso? La risposta, ovviamente, è no, così come è negativa anche quella che ipotizza migliori i progettisti di allora rispetto a quelli di oggi.

Calcestruzzo sì o no?

Gli esperti suggeriscono di fare riferimento al tipo di materiale utilizzato e, in particolare, all’impiego crescente del calcestruzzo. Questo materiale, con il quale sono state edificate le opere di ingegneria più moderne, è stato scoperto durante la metà del XIX secolo. Ancora non è dato di sapere, con esattezza, per quanto tempo esso sia destinato a durare. I ponti moderni, segnalano gli esperti, sono costruiti in calcestruzzo armato. Si tratta di una soluzione composita, basata sul cemento, sull’acqua, sulla sabbia e sulla ghiaia, la quale viene armata con l’impiego di apposite sbarre di ferro e di acciaio. Si tratta di un composto, per sua natura, soggetto a indebolimento. La corrosione può aggredire l’armatura di ferro e compromettere la resistenza alla trazione.

Alle debolezze del calcestruzzo in sé, si aggiungono quei piccoli, gravi, compromessi attuati da alcune imprese – non tutte, ovviamente – per risparmiare tempo e denaro. Capita che i costruttori più spregiudicati riducano la sezione dei tondini in ferro e inseriscano quelli lisci al posto di quelli zigrinati. Non è poi così infrequente l’impiego della sabbia di mare al posto di quella di fiume, con l’aggravante che la sua salinità facilità la corrosione dei tondini già indeboliti dalla minore ampiezza della sezione. Il resto sta nella manutenzione, non sempre all’altezza, e nel logorio causato dal passaggio dei mezzi.

Una serie di concause, quindi, che determinano una situazione perfino drammatica. Basta ricordare il crollo del ponte Morandi, a Genova, 51 anni anni dopo la sua apertura (1967-2018).

Tutto quindi si ricollega all’essere umano, alla sua professionalità e alla sua coscienza. Non credete che siano valori essenziali dai quali ripartire?

E non è una morale. Buona domenica e scusate lo sfogo.

Luca Tosi
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Luca Tosi
Sono nato ad Arezzo il 26 luglio 1963. Nel 1980 ho iniziato a collaborare con l’emittente radiofonica Radio Onda di Pietramala. Negli anni successivi, dopo altre esperienze radiofoniche, sono diventato collaboratore della Nazione di Firenze, del Tirreno di Livorno e del periodico Arezzo sport. Nell’ottobre 1983 ho avuto l’opportunità di entrare a Teletruria come collaboratore: sono stato telecronista di vari campionati di calcio, redattore di cronaca e sport, e curatore di alcuni programmi culturali dell’emittente, nella quale lavoro ancora oggi. Nell’anno in cui ho deciso di avviare questo blog, con l’aiuto di un caro amico ingegnere, Nicola Impallomeni, compio 57 anni di vita e quaranta di professione. Forse, era giunto il momento di creare qualcosa di personale per raccontare e raccontarsi. Lo studio della lingua italiana, e il gusto per l’ordine, sono stati gli aspetti più importanti della mia formazione letteraria. Se dovessi prediligere un tipo di scrittura nel quale mi ritrovo, e che ho cercato di portare avanti in questi anni, potrei dire la “scrittura ordinata”, schematica, senza per questo essere monotona. Tralascio ogni altro riferimento alla carriera (collaborazioni con la Rai, ricerca all’università di Perugia, progetti di programmi, uffici stampa, attività all’estero) perché diffido un po’ dei curriculum gonfiati. Non sempre sono credibili e non vorrei fare la figura del pallone bucato da uno spillo.
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