Covid-19 e dintorni. E’ una storia che mi ha restituito il senso della provvisorietà e di come le situazioni possano cambiare, in maniera drastica, da un momento all’altro. Chi avrebbe immaginato, durante la festa di San Silvestro, di essere costretto a indossare le mascherine di protezione due mesi dopo? Chi avrebbe pensato che la parola tampone, conosciuta soprattutto come oggetto di cancelleria per assorbire l’inchiostro, diventasse familiare a molti di noi anche in ambito sanitario? Chi avrebbe ipotizzato che i semplici gesti quotidiani (lavarsi le mani, riporre le scarpe, dare la varichina per terra) rientrassero in una strategia preventiva per evitare la diffusione del contagio? Per non parlare delle limitazioni negli spostamenti o della necessità di compilare un modulo di autocertificazione per mettere il naso fuori di casa.
L’orchestra e la nota
E non si può certo parlare di realtà stimolante, perché di stimolante, vi è ben poco. Il pungolo, almeno per me, nasce quando individuo un obiettivo da raggiungere. É una condizione che mi piace. Parlo di obiettivi ragionevoli, non impossibili. Se mi chiedessero di partecipare alla prossima spedizione aerospaziale da Cape Canaveral, declinerei l’invito o, quantomeno, mi limiterei a raccontarla da semplice osservatore. Se invece l’obiettivo fosse attinente alla mia formazione personale, o al mio percorso professionale, valuterei i pro e i contro e mi metterei in cammino.
In questa realtà bloccata, tuttavia, individuare un traguardo da raggiungere, diventa più complicato. Potrei dire, in modo generico, che esso sia il superamento dell’emergenza sanitaria, ma sarei banale ed esprimerei un pensiero comune a ognuno di noi, animali esclusi. In assenza di un obiettivo preciso, posso solo dare il mio contributo per il superamento di questo periodo, affrontando, con impegno, quelle situazioni quotidiane che sono chiamato a sostenere. Mi sento parte di una grande orchestra, con il compito di rimanere al mio posto e tenere bene la mia nota: non posso fare altro e sarei fuori strada se pensassi di agire in altro modo.
L’acqua dei social
La mia sensazione, invece, è che il parametro delle competenze, in questa storia, sia scivolato in secondo piano e che ognuno voglia intervenire su qualsiasi argomento, pur senza possedere l’esatta cognizione della materia. Si preferisce essere presenti comunque nel dibattito, pur di testimoniare il proprio punto di vista. In questo senso la presenza dei social è determinante perché amplificano la diffusione dei singoli messaggi, a prescindere dalla pertinenza del loro contenuto.
Di per sé, l’uso dei social è un fatto, secondo me, democratico e positivo poiché testimonia il piacere di prendere parte a un dialogo, seppure virtuale. D’altronde, la comunicazione moderna segue questa strada e diventa impossibile non accettare l’evidenza dei fatti: sarebbe come pretendere di risalire a nuoto il corso del fiume andando contro corrente. Ciò non toglie però, a mio modo di vedere, che ciascuno dovrebbe discernere su quello che conosce, e senza creare quel polverone virtuale destinato a diventare motivo di contrasto anche nel mondo reale.
É vero che i social, mi riferisco in particolare a Facebook, nacquero come strumento di divertimento, creato per mettere in contatto gli studenti dell’università di Harvard, ma la sua evoluzione lo ha portato a essere utilizzato in modo molto più articolato e malizioso.
L’inferno virtuale
Qualcuno li ha definiti strumenti infernali; senza scomodare la Divina commedia, li definirei potentissimi e pericolosissimi. Il meccanismo incrociato alla base della diffusione dei messaggi (io vedo quello che scrivi tu, lui vede quello che hai scritto tu e che ho scritto io) fa sì che il singolo post inneschi una perversa reazione a catena e diventi leggibile da un numero di utenti molto superiore a quello immaginato. E poiché molti post sono scritti di getto, e seguono l’istinto di chi li scrive, alimentato da molti mal di pancia, producono un effetto dirompente.
Quanto è emerso sui social in questi mesi è un coacervo di tutto, dove agli elogi ai singoli attori della vicenda (uomini politici, economisti, medici, virologi), fanno da contraltare le critiche e le offese.
Il fascino dilagante delle moderne tecnologie, insomma, minaccia di far prevalere la quantità dell’informazione sulla qualità. Maneggiare con cura.