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Pensieri e Parole

L’immagine del Covid vista dall’acquario (l’acqua dei social)

di Luca Tosi Posted on 16 Maggio 202025 Maggio 2020

Covid-19 e dintorni. E’ una storia che mi ha restituito il senso della provvisorietà e di come le situazioni possano cambiare, in maniera drastica, da un momento all’altro. Chi avrebbe immaginato, durante la festa di San Silvestro, di essere costretto a indossare le mascherine di protezione due mesi dopo? Chi avrebbe pensato che la parola tampone, conosciuta soprattutto come oggetto di cancelleria per assorbire l’inchiostro, diventasse familiare a molti di noi anche in ambito sanitario? Chi avrebbe ipotizzato che i semplici gesti quotidiani (lavarsi le mani, riporre le scarpe, dare la varichina per terra) rientrassero in una strategia preventiva per evitare la diffusione del contagio? Per non parlare delle limitazioni negli spostamenti o della necessità di compilare un modulo di autocertificazione per mettere il naso fuori di casa.

L’orchestra e la nota

E non si può certo parlare di realtà stimolante, perché di stimolante, vi è ben poco. Il pungolo, almeno per me, nasce quando individuo un obiettivo da raggiungere. É una condizione che mi piace. Parlo di obiettivi ragionevoli, non impossibili. Se mi chiedessero di partecipare alla prossima spedizione aerospaziale da Cape Canaveral, declinerei l’invito o, quantomeno, mi limiterei a raccontarla da semplice osservatore. Se invece l’obiettivo fosse attinente alla mia formazione personale, o al mio percorso professionale, valuterei i pro e i contro e mi metterei in cammino.

In questa realtà bloccata, tuttavia, individuare un traguardo da raggiungere, diventa più complicato. Potrei dire, in modo generico, che esso sia il superamento dell’emergenza sanitaria, ma sarei banale ed esprimerei un pensiero comune a ognuno di noi, animali esclusi. In assenza di un obiettivo preciso, posso solo dare il mio contributo per il superamento di questo periodo, affrontando, con impegno, quelle situazioni quotidiane che sono chiamato a sostenere. Mi sento parte di una grande orchestra, con il compito di rimanere al mio posto e tenere bene la mia nota: non posso fare altro e sarei fuori strada se pensassi di agire in altro modo.

L’acqua dei social

La mia sensazione, invece, è che il parametro delle competenze, in questa storia, sia scivolato in secondo piano e che ognuno voglia intervenire su qualsiasi argomento, pur senza possedere l’esatta cognizione della materia. Si preferisce essere presenti comunque nel dibattito, pur di testimoniare il proprio punto di vista. In questo senso la presenza dei social è determinante perché amplificano la diffusione dei singoli messaggi, a prescindere dalla pertinenza del loro contenuto.

Di per sé, l’uso dei social è un fatto, secondo me, democratico e positivo poiché testimonia il piacere di prendere parte a un dialogo, seppure virtuale. D’altronde, la comunicazione moderna segue questa strada e diventa impossibile non accettare l’evidenza dei fatti: sarebbe come pretendere di risalire a nuoto il corso del fiume andando contro corrente. Ciò non toglie però, a mio modo di vedere, che ciascuno dovrebbe discernere su quello che conosce, e senza creare quel polverone virtuale destinato a diventare motivo di contrasto anche nel mondo reale.

É vero che i social, mi riferisco in particolare a Facebook, nacquero come strumento di divertimento, creato per mettere in contatto gli studenti dell’università di Harvard, ma la sua evoluzione lo ha portato a essere utilizzato in modo molto più articolato e malizioso.

L’inferno virtuale

Qualcuno li ha definiti strumenti infernali; senza scomodare la Divina commedia, li definirei potentissimi e pericolosissimi. Il meccanismo incrociato alla base della diffusione dei messaggi (io vedo quello che scrivi tu, lui vede quello che hai scritto tu e che ho scritto io) fa sì che il singolo post inneschi una perversa reazione a catena e diventi leggibile da un numero di utenti molto superiore a quello immaginato. E poiché molti post sono scritti di getto, e seguono l’istinto di chi li scrive, alimentato da molti mal di pancia, producono un effetto dirompente.

Quanto è emerso sui social in questi mesi è un coacervo di tutto, dove agli elogi ai singoli attori della vicenda (uomini politici, economisti, medici, virologi), fanno da contraltare le critiche e le offese.

Il fascino dilagante delle moderne tecnologie, insomma, minaccia di far prevalere la quantità dell’informazione sulla qualità. Maneggiare con cura.

Luca Tosi
Covid 19Social network
Luca Tosi
Sono nato ad Arezzo il 26 luglio 1963. Nel 1980 ho iniziato a collaborare con l’emittente radiofonica Radio Onda di Pietramala. Negli anni successivi, dopo altre esperienze radiofoniche, sono diventato collaboratore della Nazione di Firenze, del Tirreno di Livorno e del periodico Arezzo sport. Nell’ottobre 1983 ho avuto l’opportunità di entrare a Teletruria come collaboratore: sono stato telecronista di vari campionati di calcio, redattore di cronaca e sport, e curatore di alcuni programmi culturali dell’emittente, nella quale lavoro ancora oggi. Nell’anno in cui ho deciso di avviare questo blog, con l’aiuto di un caro amico ingegnere, Nicola Impallomeni, compio 57 anni di vita e quaranta di professione. Forse, era giunto il momento di creare qualcosa di personale per raccontare e raccontarsi. Lo studio della lingua italiana, e il gusto per l’ordine, sono stati gli aspetti più importanti della mia formazione letteraria. Se dovessi prediligere un tipo di scrittura nel quale mi ritrovo, e che ho cercato di portare avanti in questi anni, potrei dire la “scrittura ordinata”, schematica, senza per questo essere monotona. Tralascio ogni altro riferimento alla carriera (collaborazioni con la Rai, ricerca all’università di Perugia, progetti di programmi, uffici stampa, attività all’estero) perché diffido un po’ dei curriculum gonfiati. Non sempre sono credibili e non vorrei fare la figura del pallone bucato da uno spillo.
L’immagine del Covid vista dall’acquario (l’acqua dei social)

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