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Lo sfogo della Domenica

Il silenzio dei centri storici

di Luca Tosi Posted on 18 Ottobre 202019 Ottobre 2020

Una vecchia palazzina, un vecchio stabile, di valore più o meno storico, nei quali vengono compiuti interventi di ripristino. Ci avete fatto caso? Quando un ente pubblico, o un privato, eseguono e portano a compimento i lavori di ristrutturazione di un immobile in disuso, la notizia è accolta con generale compiacimento. Sono edifici che tornano a vivere. Anche se le loro caratteristiche non saranno più quelle originali, la loro riconsegna in favore del pubblico, o del privato, è un momento da vivere con soddisfazione.

Il ragionamento è maturato nell’osservare lo sviluppo urbanistico di alcune città italiane, al quale fa riscontro l’impoverimento dei loro centri storici.

LUOGHI SILENTI

In certe aree urbane, le nuove costruzioni sono sorte fin troppo numerose, quasi stipate, mentre, con eccessiva fretta, sono stati abbandonati immobili di valore che avrebbero ben meritato di essere salvaguardati.

I centri storici delle città antiche, ad esempio, rappresentano una testimonianza significativa a questo proposito. Quando si sente parlare di fondi sfitti, o case sfitte, e si coglie la loro presenza con lo sguardo, ci rendiamo conto di quanto essi siano numerosi.

Passeggiando lungo le strade di una qualsiasi città, in particolare quelle più antiche, le immagini delle finestre chiuse e dei portoni silenti rappresentano un connotato del paesaggio urbano che in questi ultimi anni è divenuto ancora più ricorrente.

COSTRUIRE O RESTAURARE?

La scelta di non ristrutturare il vecchio, preferendo, invece, di costruire il nuovo, è giustificata in vari modi. Si potrebbe fare un elenco delle motivazioni addotte dai costruttori: minori costi complessivi di edificazione, impiego di materiali più adatti, rispetto delle norme antisismiche e di risparmio energetico.

Adeguare un immobile esistente a regole antisismiche nell’ambito di una ristrutturazione, per esempio, è un’operazione che ha costi non trascurabili. In questo caso si consideri che una casa nuova nascerebbe già nel rispetto delle norme antisismiche.

Al tempo stesso, avviare soluzioni di risparmio energetico moderne su un immobile esistente è un’operazione spesso complessa, costosa e non sempre completabile. Introdurre soluzioni di risparmio energetico durante la costruzione di un immobile nuovo è, viceversa, naturale ed efficace.

Oltre a questo, non va trascurata e la possibilità, per qualsiasi amministrazione, di qualsiasi colore, di arricchire le proprie entrate attraverso gli introiti di urbanizzazione, cioè quel contributo dovuto al comune quando si richiede di costruire un immobile ex novo. Il calcolo degli oneri cambia da regione a regione, ma rimane il fatto che per l’ente locale rappresenta un’entrata economica non indifferente.

E del vecchio patrimonio che cosa se ne fa? Non sarebbe opportuno ripensare certe politiche urbanistiche territoriali, bilanciando in modo più equilibrato i due tipi di interventi?

A mio modo di vedere sì. Quando si parla di riqualificare un immobile nel centro storico, attribuendogli determinate funzioni, non sempre sono percepite le implicazioni sociali che la sistemazione della struttura potrebbe avere nel tessuto urbano circostante.

IMPOVERIMENTO? NO, GRAZIE.

Da molti anni, infatti, si parla di maggiore tutela dei centri storici ed è un argomento sul quale tecnici e giornalisti specializzati hanno scritto fiumi di inchiostro. Rimane il fatto che senza l’incremento della funzione residenziale, o di fruizione degli immobili antichi, il loro destino sembra essere quello dell’impoverimento. Tutto questo non può prescindere dalla loro sistemazione e, magari, da politiche urbanistiche appropriate che possano dotarli di adeguati servizi per i residenti.

Assisteremo a nuove espansioni edilizie, o alla riqualificazione di immobili, anche di valore, che sembrano essere dimenticati?

Buona domenica e scusate lo sfogo.

Luca Tosi
Centri storici
Luca Tosi
Sono nato ad Arezzo il 26 luglio 1963. Nel 1980 ho iniziato a collaborare con l’emittente radiofonica Radio Onda di Pietramala. Negli anni successivi, dopo altre esperienze radiofoniche, sono diventato collaboratore della Nazione di Firenze, del Tirreno di Livorno e del periodico Arezzo sport. Nell’ottobre 1983 ho avuto l’opportunità di entrare a Teletruria come collaboratore: sono stato telecronista di vari campionati di calcio, redattore di cronaca e sport, e curatore di alcuni programmi culturali dell’emittente, nella quale lavoro ancora oggi. Nell’anno in cui ho deciso di avviare questo blog, con l’aiuto di un caro amico ingegnere, Nicola Impallomeni, compio 57 anni di vita e quaranta di professione. Forse, era giunto il momento di creare qualcosa di personale per raccontare e raccontarsi. Lo studio della lingua italiana, e il gusto per l’ordine, sono stati gli aspetti più importanti della mia formazione letteraria. Se dovessi prediligere un tipo di scrittura nel quale mi ritrovo, e che ho cercato di portare avanti in questi anni, potrei dire la “scrittura ordinata”, schematica, senza per questo essere monotona. Tralascio ogni altro riferimento alla carriera (collaborazioni con la Rai, ricerca all’università di Perugia, progetti di programmi, uffici stampa, attività all’estero) perché diffido un po’ dei curriculum gonfiati. Non sempre sono credibili e non vorrei fare la figura del pallone bucato da uno spillo.
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