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Viaggiare con la fantasia

Gli imprevisti di un viaggio sulle tracce della storia

di Luca Tosi Posted on 28 Luglio 2020

La vera rivoluzione, si dice, è quella di internet e dei telefonini. Vero. Sono lontani i tempi nei quali Pc era la targa di Piacenza, i cellulari erano quelli della polizia e internet era una parola sconosciuta. La tecnologia ha cambiato le nostre abitudini e quando ci troviamo in quelle zone dove il segnale telefonico è mancante siamo colti da un senso di inquietudine: ci sentiamo limitati in molte attività, non siamo informati con la consueta tempestività, non riusciamo a leggere la posta e i messaggi, e, soprattutto, non possiamo comunicare in caso di bisogno.

É uno stato d’animo che, fino ad alcuni anni fa, non avevamo occasione di provare. Quando ci mettevamo in viaggio in automobile, per esempio, la nostra unica preoccupazione, oltre alle condizioni di efficienza del motore, era di sapere se la strada da percorrere fosse frequentata oppure no, e a chi fare riferimento, in caso di emergenza, se essa non lo fosse stata.  

Da quei momenti non è trascorso un secolo, ma la rapidità dei cambiamenti intervenuti in questo arco di tempo la fa apparire come un’altra epoca.

Che cosa succede quando si rimane col motore in panne in una zona priva di segnale? È una situazione che qualcuno definirebbe un po’ kafkiana, con riferimento al celebre scrittore e filosofo di origine boema. Chi ha potuto leggere le opere di Kafka, si rende conto quanto esse siano pervase da un senso di smarrimento e di angoscia di fronte alle varie situazioni dell’esistenza. In effetti, la similitudine non è fuori luogo.

Il viaggiatore immaginario, in un pomeriggio d’estate, si trova a percorrere da solo il tratto della ex strada statale Amiatina, quella che diverge dalla statale 2 Cassia all’altezza di Bagno Vignoni, nel comune di San Quirico d’Orcia, e arriva fino ad Albinia, sulla costa del Tirreno. Sta compiendo una sua personale ricerca sui luoghi appartenuti alla nobile famiglia degli Aldobrandeschi, la quale, nel periodo medievale, dominò vasti territori del comprensorio maremmano e del Monte Amiata. Lo studio, arricchito dalla presenza di immagini fotografiche, è destinato a una rivista di storia locale.

I luoghi sono poco antropizzati e gli spazi riservati al bosco, e ai pascoli in altura, sono prevalenti rispetto alla presenza dei centri abitati. Siamo in zone ricche di storia e di tradizione, benché lo sviluppo stradale degli anni sessanta del novecento le abbia tagliate fuori dagli itinerari del grande traffico. Basti pensare, per esempio, alla decadenza della statale 2 Cassia. Fino all’ottobre 1964 rappresentava la principale via di collegamento tra Roma e Firenze, ma l’apertura integrale dell’Autostrada del Sole, il cui percorso segue il fondovalle del Tevere, del Paglia e della Chiana, ne ha ridotto l’importanza a strada di interesse non più nazionale.

L’obiettivo del viaggiatore immaginario è quello di raggiungere il paese di Santa Fiora, sul versante grossetano del Monte Amiata, uno dei centri dove sono ancora custodite le testimonianze più significative della presenza aldobrandesca in quel comprensorio.

Una breve sosta di un quarto d’ora oltre il centro abitato di Castiglione d’Orcia è utile per dare uno sguardo all’ambiente e contestualizzare il territorio. Santa Fiora è distante circa trenta chilometri e l’obiettivo di raggiungerla in un arco di tempo ragionevole sembra essere una formalità: è sufficiente riavviare il motore e rimettersi in strada. Un’operazione ordinaria, compiuta un’infinità di volte, la quale però, in questo frangente, diventa il primo capitolo di un romanzo.

Il caso vuole che il motore, fino a pochi minuti prima efficiente come un orologio, non riparta, e a nulla servano i giri della chiavetta di avviamento, ripetuti con crescente stupore.

La prima sensazione provata dal viaggiatore immaginario è di disagio, sensazione che diventa di inquietudine appena si rende conto che nella zona, forse per un disservizio momentaneo, è assente il segnale della telefonia mobile.

Gli rimane solo di aspettare, nella speranza che l’automobile riparta, o il segnale ritorni, ma il trascorrere dei minuti ha l’effetto di deludere qualsiasi ottimistica aspettativa. Per fortuna l’autovettura è parcheggiata in una piazzola ai margini della strada e non è di ingombro né al traffico principale, né a quello laterale. Il triangolo rosso può, pertanto, rimanere al suo posto nel bagagliaio.

Non gli resta che chiudere le portiere e mettersi in cammino verso il posto telefonico pubblico meno distante. Autostop no, mezzi pubblici no, rimangono le gambe. Il paese di Seggiano è lontano quattro chilometri; può solo dirigersi in quella direzione, tanto più che il segnale telefonico continua a latitare anche lontano dall’auto in sosta. Dopo quaranta minuti di cammino e dopo avere superato il confine di provincia tra Siena e Grosseto, il viaggiatore immaginario arriva a Seggiano, il paese conosciuto per la produzione di un olio di oliva extravergine di qualità dop.

Col telefonino ancora muto, si reca nel bar del paese e, approfittando dell’estrema cortesia del gestore, si pone in contatto con il meccanico del luogo, cortese tanto quanto il gestore del bar.

A bordo di un piccolo pick-up, meccanico e viaggiatore immaginario compiono, dunque, il tragitto inverso, rientrano nella provincia di Siena e raggiungono la piazzola dove l’auto è rimasta bloccata. Non occorre molto tempo prima di accertare il motivo del guasto: la batteria non dà segni di vita ed è necessario sostituirla.

Il caso vuole che il bravo meccanico, avendo intuito in anticipo la natura del problema, ne abbia portata con sé una dalla propria officina.

Sostituita la batteria, è sufficiente il normale colpo di chiave per rimettere in moto il motore. Due ore e mezzo se ne sono andate, ma il viaggio verso Santa Fiora può almeno riprendere con tranquillità, non senza una breve sosta al bar di Seggiano per ringraziare, di persona, il suo gestore. Ironia della sorte: il segnale di telefonia, inesistente fino a qualche ora prima, ricompare in piena efficienza.

In questa vicenda, andata a lieto fine, l’uso del telefonino cellulare non c’è stato. Per una volta, si è riavvolto il nastro del tempo.

Questa storia dal sapore antico, vissuta in un’epoca moderna, ha permesso di riscoprire un naturale contatto umano senza la mediazione della tecnologia.

Una tecnologia, dunque, da intendere come strumento e opportunità, che ha il compito di essere di aiuto ma senza arrogarsi il diritto di manipolare le nostre coscienze.

Luca Tosi
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Luca Tosi
Sono nato ad Arezzo il 26 luglio 1963. Nel 1980 ho iniziato a collaborare con l’emittente radiofonica Radio Onda di Pietramala. Negli anni successivi, dopo altre esperienze radiofoniche, sono diventato collaboratore della Nazione di Firenze, del Tirreno di Livorno e del periodico Arezzo sport. Nell’ottobre 1983 ho avuto l’opportunità di entrare a Teletruria come collaboratore: sono stato telecronista di vari campionati di calcio, redattore di cronaca e sport, e curatore di alcuni programmi culturali dell’emittente, nella quale lavoro ancora oggi. Nell’anno in cui ho deciso di avviare questo blog, con l’aiuto di un caro amico ingegnere, Nicola Impallomeni, compio 57 anni di vita e quaranta di professione. Forse, era giunto il momento di creare qualcosa di personale per raccontare e raccontarsi. Lo studio della lingua italiana, e il gusto per l’ordine, sono stati gli aspetti più importanti della mia formazione letteraria. Se dovessi prediligere un tipo di scrittura nel quale mi ritrovo, e che ho cercato di portare avanti in questi anni, potrei dire la “scrittura ordinata”, schematica, senza per questo essere monotona. Tralascio ogni altro riferimento alla carriera (collaborazioni con la Rai, ricerca all’università di Perugia, progetti di programmi, uffici stampa, attività all’estero) perché diffido un po’ dei curriculum gonfiati. Non sempre sono credibili e non vorrei fare la figura del pallone bucato da uno spillo.
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